Anno Sociale: 2013-2014

I martedì di San Domenico

Giovedì 14/11/2013 | Ore: 21,00

Wagner e il suo tempo

Il pianoforte che troneggiava accanto alla “cattedra” del Salone Bolognini e i nomi dei due relatori, Massimo Cacciari e Giuseppe Modugno, annunciavano ai moltissimi presenti un «Martedì di San Domenico» speciale: la celebrazione «alla nostra maniera», come ha dichiarato p. Bertuzzi nella sua breve introduzione, del bicentenario della nascita di Richard Wagner, avvenuta a Lipsia il 22 maggio 1813.

È toccato al prof. Cacciari l’arduo compito di spiegare «in mezz’ora» perché la figura di questo compositore è «imprescindibile per comprendere l’età in cui viviamo»: perché da Wagner «si scatena la grande ondata del primato della musica nei processi di trasformazione e di rivoluzione artistica contemporanea», e la sua forza sarà tale che dietro di sé lascerà solo la possibilità di «risacca, relitti, frammenti… anche se vi rientra tutto il Novecento» (Modugno). Una musica che non è più a servizio della cosa, perché non descrive, non dipinge, non rappresenta, è sublime (nel senso che va oltre il limite) e crea mondi a sé: esprime, come dirà Nietzsche, una straordinaria volontà di potenza.

Ma in Wagner vi è una dialettica, aggiunge Cacciari. Quando egli pensa all’opera d’arte totale non intende mettere insieme teatro, musica, danza, parola… intende piuttosto un processo in base al quale viene superata ogni espressione di individualità, di soggettività, e nello stesso tempo si riesce a giungere a una rappresentazione formalmente compiuta, nella quale quindi «si esprime un principio d’ordine, e insieme si liquida ogni principium individuationis».

Dall’insieme di questi percorsi nasce un possente mito, e del resto «la musica per sua natura è mitopoietica». E come nel mito, in Wagner vi è l’ossessiva ricerca dell’interconnessione di ogni elemento, «una sorta di necessità, una composizione immanente, che non deve essere trascesa da nulla». Grandi collettivi appaiono le opere di Wagner, dove l’individuo va sempre a fondo, rispetto alla forza del mito. Che tuttavia «è tale soltanto corrispondendo costantemente alla nostalgia di liberarsi da esso».

Per tradurre in…musica le analisi di Cacciari, il prof. Modugno, seduto al pianoforte e alternando parole e suoni, ha lavorato intorno a poche note, il celebre accordo del Preludio di Tristano e Isotta – opera che Wagner costruisce in due soli anni e che per certi aspetti è la sua più emblematica.

Dopo questo accordo dissonante, “che Wagner non ha inventato ma ha ottenuto” riassumendo il linguaggio degli antichi, si finisce in un altro accordo che a noi pare dolcissimo, di straordinaria calma, e poi… parte una macchina infernale, così che tutto quello che ascolteremo per quattro ore è un’ossessiva ricerca dei rapporti di ogni singolo elemento con gli altri. In tal modo, l’incipit del Tristano è come un centimetro cubo di materia solare, che pesa migliaia di tonnellate, e che per le successive quattro ore dispiegherà tutte le sue proprietà fisiche.

Dunque Wagner usa tutte le regole del passato, mettendo in discussione tre secoli di storia della musica, per farci dire: e ora, dove andiamo? Qualcosa di simile era accaduto nella pittura dopo Raffaello… “Per questo il dopo Wagner è stato drammatico”, ha concluso Modugno. “La musica pagò un prezzo altissimo, allorché si liberò”; ad esempio, con Schönberg ci si chiese: Vogliamo provare a fare una riforma? Cosa succede a fare una musica in cui non è più necessario fare una successione di consonanze e dissonanze, di urti e di riposi, di fastidi e rilassamenti? Una musica “per adulti?”. Creazioni che non sarebbero state possibili, se non ci fosse stato Wagner.

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