Anno Sociale: 2013-2014

I martedì di San Domenico

Martedì 26/11/2013 | Ore: 21,00

Oggi nel mondo: un impero o più imperi?

Dopo gli ultimi due incontri (nel 2009 e nel 2012) dedicati ad analizzare la grave crisi economica mondiale, tuttora in atto, il presidente prof. Romano Prodi è tornato a San Domenico, accolto come di consueto da un pubblico numerosissimo, per una panoramica sulla politica internazionale e sulle “potenze” che, spesso in competizione tra loro, ne determinano la guida, in forme tali da far parlare di un passaggio, ormai avvenuto, a un mondo policentrico, multilaterale.

Se si parla di “imperi”, il primo che viene in mente è quello degli Stati Uniti, e infatti è da questo paese che il professore avvia la sua analisi. Si tratta ancora, certamente, della nazione-leader mondiale, ma essa uscirà dalla crisi molto più debole di come vi è entrata, a motivo dell’immutata incidenza delle spese militari su un prodotto interno lordo (PIL) che, invece, è passato dal 40% al 19% del PIL mondiale. Provati da due guerre sostanzialmente perdute, affaticati all’interno dalla difficile attuazione della riforma sanitaria e all’estero dallo scandalo del controllo delle reti telefoniche internazionali, «gli USA potrebbero vedere allargarsi ulteriormente al loro interno il solco che divide i ricchi dai poveri», specie se nel Partito repubblicano prevarrà l’estremismo sociale del Tea party.

La Cina, grazie alle riforme a suo tempo avviate da Deng Xiaoping, si è ritrovata, come era avvenuto per gran parte della sua storia, a essere uno dei paesi più ricchi e potenti del mondo. Mentre il PIL continua a crescere, si pone il problema di inurbare entro il 2040 trecento milioni di persone, giacché occorre annullare la distanza che, in termini di ricchezza, divide la città dalla campagna. È un paese che, come nessun altro prima, esporta contemporaneamente uomini, merci, tecnologie e capitali, principalmente verso quei continenti – Africa e America Latina – che in cambio possono garantirle l’enorme fabbisogno alimentare. Ecco perché è costretta a far sentire la propria voce nelle crisi internazionali. Ma la convinzione che il segreto del suo successo risieda nella stabilità del suo sistema politico, la porta a escludere qualsiasi concessione politica e anzi a confrontarsi con la democrazia in termini critici: «si potrebbe persino dire che, all’opposto del gattopardismo, in Cina tutto deve stare fermo affinché tutto cambi».

Tra gli altri protagonisti del nuovo mondo multipolare è tornata recentemente la Russia, ma con una serie di incognite rappresentate dal crollo demografico (con un enorme sbilanciamento tra quanti stanno al di là e quanti al di qua degli Urali) e dall’’eccessiva dipendenza della struttura economica dalle voci “petrolio” e “gas”. Il Medio Oriente non è potenza in sé, ma rimane un grande punto di verifica dei rapporti tra i maggiori imperi, mentre vi perdurano tensioni fortissime, come quella tra sciiti e sunniti. L’Africa è finalmente una società in movimento (con la Cina come suo principale partner economico), e il progresso della democrazia, per quanto lento e condizionato dalla corruzione e dalle frammentazione, va avanti.

E l’Europa? È tuttora il numero uno economico, ma è tuttora incapace di tradurre questo primato in termini politici, mentre crescono ovunque (tranne che in Germania) i movimenti populisti, e mentre la Gran Bretagna si appresta a un referendum (dopo le elezioni politiche), dove potrebbe prevalere una maggioranza antieuropeista. Il nostro continente non è politicamente in via di scioglimento, tutti ci ritengono imprescindibili… ma non possiamo giocare un ruolo nella grande politica mondiale, perché davanti alle grandi questioni siamo rimasti divisi…

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